Il Cadin di Magor è un solitario catino ghiaioso a 1800 metri di quota che si trova proprio alla base della repulsiva parete nord est del Col Nudo. Al Cadin di Magor è bello andarci perché non c’è proprio niente al di fuori della vera montagna. Non ci sono rifugi, teleferiche, strade, impianti ecc…
A dire la verità la prima volta che lo raggiunsi, molti anni fa, esisteva un bivacco che si chiamava Erasmo Frisacco. Mi ricordo che era di colore rosso del tipo fondazione Berti. Lo raggiunsi d’inverno con un amico dopo una bella lotta a battere traccia nella neve alta. Dentro al bivacco era talmente freddo che quando accesi il fornello per scaldare un po’ di tè il tavolato riscaldandosi cominciò a scricchiolare. Quella fu l’ultima volta che vidi quel bivacco, l’inverno successivo una grossa valanga se lo portò via. Da quando non c’è più il bivacco anche la traccia del sentiero che sale da forcella Frugna si è fatta sempre più labile fino a sparire quasi totalmente. Insomma in questo posto la natura selvaggia non ha voluto scendere a compromessi con nessuno, ha voluto sbarazzarsi alla svelta anche di quel poco che l’uomo vi aveva lasciato.
Questo posto così fuori dal mondo è uno di quelli che ti restano dentro, nel senso che qui ci si sente infinitamente piccoli e insignificanti dinnanzi ad un ambiente così grandioso. Al Cadin di Magor il Col Nudo si mostra con la sua faccia più severa. Una grigia e spaventosa parete dalle forme geometricamente assurde incombe sul catino come a volerlo schiacciare e tutt’intorno non si vedono altro che montagne, creste, pinnacoli e profonde scarpate.
Oggi, dopo molti anni, ho voluto tornare lassù in quel luogo sperduto per riassaporare questo ambiente. Ho voluto andarci da solo, in una giornata di fine maggio a dir poco eccezionale, visto la neve che nei giorni precedenti è scesa abbondante fino a quasi 1000 metri. Durante la faticosa salita nella neve alta, ogni rumore, odore e colore venivano amplificati dalla natura veramente forte di questo magico luogo dove la montagna ti entra veramente dentro lasciandoti quasi la sensazione di essere l’unica persona viva sulla faccia della terra. E’ stata una mattinata di contrasti quella di oggi: quello tra il verde tenue delle foglie dei faggi e il bianco candore della neve o ancora quello tra l’assordante e improvviso rumore delle slavine, che numerose scendevano dalla parete del Col Nudo, e il canto di un cuculo lontano che ogni tanto mi faceva compagnia nei momenti di quiete.

Arrivo al Cadin di Magor con il Crep Nudo sullo sfondo
Quando sono da solo in questi ambienti mi capita di sentirmi incredibilmente concentrato su quello che faccio e particolarmente sensibile ad ogni cosa che mi succede intorno. So benissimo che anche una banale scivolata o un piede messo male possono improvvisamente portare dalla gioia a guai anche seri. Andare da solo, qualsiasi cosa si faccia, vuol dire prendersi delle responsabilità e soprattutto essere pronti a tornare indietro al momento giusto se, per qualsiasi ragione, le condizioni della montagna lo impongono cercando di avere sempre la consapevolezza dei rischi che si corrono. Normalmente questo la gente comune non lo capisce e tende ad etichettare chi va da solo in montagna come un matto che vuole finire nei guai, come se bastasse essere almeno in due per eliminare ogni rischio e problema.
Lassù nel Cadin di Magor questa mattina c’era il sole, la neve, il cielo blu, il vento, le foglie verdi nel bosco sottostante, il rumore delle slavine, il canto del cuculo. Tutto questo mi bastava e non pretendevo assolutamente altro.
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