Il racconto di una bella avventura vissuta da tre amici durante e soprattutto dopo un’ entusiasmante via di arrampicata allo spallone est del Sass del Mura nelle Dolomiti Feltrine.
“Bei tempi”. Così capita di dire quando ci si incontra tra amici e si ricorda una giornata speciale, di quelle che hanno lasciato un impronta indelebile nell’animo di chi l’ha vissuta. Giorni da ricordare, per mia fortuna, ne ho più di qualcuno. Altri, ancora da vivere, spero arriveranno presto ad alimentare quelli che già porto dentro il cuore e che nessuno potrà mai portarmi via.
Quel giorno di tanti anni fa in cui salii con gli amici Marco e Michele la via diretta allo spallone est del Sass de Mura nelle Dolomiti Feltrine, oltre ad essere stato speciale, è stato per chi l’ha vissuto soprattutto un giorno infinito di quelli intensi con la I maiuscola.
Questa bella parete, chiamata anche parete piatta, che si erge prepotente direttamente dai magri prati del Pian Del Re è una muraglia con curiose stratificazioni a gomito e con una striatura grigia che scende quasi perpendicolare dalla cima fino alla base. E’ una parete lontana e nascosta, solo per raggiungerne l’attacco bisogna camminare per ore lungo un ripido sentiero che dal fondovalle porta al Bivacco Feltre.
Proprio per l’accesso non proprio comodo partimmo il sabato pomeriggio alla volta del Feltre, in modo da essere pronti il giorno dopo per iniziare a salire la parete già di buon ora . La notte non chiusi praticamente occhio, già dopo pochi minuti che mi infilai nel sacco a pelo capii che i veri padroni di quel prefabbricato in lamiera erano i topi e che proprio di dormire non ne volevano sapere!
La mattina giunse come una liberazione. Dopo una fugace colazione ci portammo all’attacco della parete e posso dire che fin da subito l’impegno della salita contribuì a scrollarci il sonno di dosso. I pochi chiodi presenti e l’ambiente piuttosto severo richiesero un’alta soglia di concentrazione durante tutta la salita. Eravamo solo noi tre, in giro non c’era anima viva, arrampicavamo in un atmosfera surreale dove la sensazione di essere fuori dal mondo si mescolava alla determinazione nel superare le difficoltà che man mano incontravamo durante l’ascensione. Eravamo così impegnati nella scalata che quasi non ci accorgemmo che qualche nuvola di troppo aveva cominciato già da un po’ ad oscurare il cielo. Quando verso mezzodì arrivammo sotto gli ultimi tiri, dove la parete comincia a perdere verticalità, alcune grosse gocce cominciarono a cadere sulle nostre teste, ordinate e regolari, mentre il rumore di qualche tuono lontano contribuiva a farci forzare l’andatura. Fummo però fortunati perchè il vero temporale ci risparmiò ancora per un po’ e dopo qualche minuto cessò anche di piovere. La discesa al bivacco, lungo strette cenge esposte e ripidi salti di roccia, non si rivelò per niente banale.
Arrivammo giusto in tempo al bivacco quando si scatenò un vero finimondo. Tanta pioggia penso di non averla mai vista. Sembrava di essere in mezzo al mare altro che in montagna!!! Dentro il piccolo prefabbricato in lamiera il rumore della pioggia era veramente assordante mentre fuori delle vere e proprie cascate d’acqua scendevano dalle pareti circostanti andando ad ingrossare sempre di più il ruscello che attraversa in più punti il sentiero che dà accesso al bivacco. Il diluvio imperversò almeno per un paio d’ore poi, verso ovest, cominciò a farsi strada qualche timida schiarita. Quando decidemmo di scendere era già tardi , non sapevamo ancora che la vera avventura della giornata non sarebbe stata la via ma il sentiero di ritorno per scendere dal bivacco!!! L’enorme quantità di acqua caduta in così poco tempo aveva ingrossato ogni piccolo rivolo d’acqua, dei veri e propri torrenti impetuosi attraversavano in più punti il sentiero costringendoci a numerosi salti in lungo da una sponda all’altra di questi fiotti. Senza poi contare le lunghe deviazioni dal sentiero principale per evitare di essere travolti dalla forza di quell’acqua diventata, dopo quel grosso temporale, così cattiva. Ai piedi sembrava di avere delle pinne e non delle scarpe da ginnastica. Fu una vera e propria lotta scendere da quel benedetto sentiero con tutta quell’acqua che continuava a correre impazzita verso valle senza nessuna interruzione. Durante quell’interminabile discesa la forza della natura ci mise sotto pressione non poco. Solo quando praticamente al buio e bagnati fradici raggiungemmo il fondovalle la tensione si allentò e anche gli ultimi dubbi di riuscire a tornare alla macchina prima di notte sparirono. Il viaggio di ritorno a casa passò in qualche modo tra sbadigli e qualche frase sconnessa dentro la macchina di Michele, intrisa di umidità e di forte odore di sudore.
Quando finalmente arrivai a casa, con l’unico pensiero fisso di abbandonarmi tra le braccia di Morfeo, entrai velocemente nella mia stanza per buttarmi nel letto, ma trovai una sorpresa: il mio letto era stato occupato da una mia vecchia zia di Milano che beatamente dormiva già da un po’. Proprio quel giorno era arrivata a farci una visita e nessuno della mia famiglia era riuscito ad avvisarmi. A quel punto non ne potevo proprio più e, stanco morto, mi lasciai andare sul divano senza pensarci. La mattina quando mi svegliai scoppiai a ridere: avevo ancora le scarpe sporche e bagnate dal giorno prima ai piedi, un segno che quell’avventura non voleva finire mai.
Spallone sud del Sass de Mura – Parete est (via Diretta)
Primi salitori: G. De Bortoli, E. Conz, G Frare, S. Pierobon 02-09-1973
Lunghezza: 500 mt / Difficoltà max: 6+
Schizzo della via vedi foto gallery
Foto Gallery Vintage Sass De Mura
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