Non ti è mai capitato di lamentarti per lo zaino troppo pesante? Se devo essere onesto a me si! Poi un bel giorno ti capita di leggere la storia delle Portatrici Carniche e allora ti senti un po’ una fighetta…Una storia vera tutta friulana di quelle che ti colpiscono e ti fanno riflettere e che vale la pena conoscere.
La vicenda delle portatrici carniche si inserisce nella storia della Prima Guerra Mondiale come fatto singolare nella storia dei conflitti bellici. Sul fronte carnico le portatrici operarono dall’agosto 1915 all’ottobre 1917 principalmente nel settore Alto But, e in parte in quello della Val Chiarsò (Paularo) sino a ridosso della linea del fronte che si estendeva dal Monte Coglians, Passo Monte Croce Carnico, Pal Piccolo, Pal Grande e Pizzo di Timau.
Chi erano le Portatrici Carniche
Alcune donne provenienti in gran parte dal comune di Paluzza e dall’alta valle del But (Sutrio e Cercivento) si misero a disposizione dei comandi militari per trasportare a spalla loro stesse quanto occorreva agli uomini lungo il fronte. Esse rifornivano una linea di combattimento avente un ampiezza frontale di circa 16 km.
I soldati impegnati al fronte si aggiravano intorno le 10.000 unità.
Tutti questi soldati per vivere e combattere nelle migliori condizioni dovevano essere riforniti ogni giorno di munizioni, medicinali, cibo, attrezzi e così via…
Le portatrici indossando la gerla di casa si impegnarono per lunghi mesi nel trasportare sulle loro spalle granate, cartucce, viveri e altro materiale. Il peso del carico superava spesso i 30 kg!
La vita delle portatrici era durissima: ogni giorno dovevano presentarsi all’alba presso i depositi di fondo valle per caricare il materiale da portare al fronte. Fatto il carico partivano a gruppi di 10-20 per la montagna superando, con ogni tempo, dislivelli che andavano dai 600 ai 1200 metri ogni giorno.
Giunte a destinazione, curve sotto il peso della gerla, sostavano qualche minuto per riposare e poi giù verso valle per il ritorno in famiglia. Qualche volta, durante il viaggio di ritorno, veniva chiesto alle portatrici di trasportare a valle, in barella, i militari feriti o quelli caduti in combattimento. L’indomani all’alba si ricominciava. Così per due anni!
Per ogni viaggio ricevevano un compenso di 1,50 centesimi. Esse furono munite di un libretto personale di lavoro e di un bracciale rosso con indicato l’unità militare per la quale lavoravano.
Fatica a parte, il lavoro delle Portatrici non era privo di rischi e pericoli svolgendosi in una zona particolarmente “calda” dal punto di vista strategico-militare. Una di esse, Maria Plozner Mentil, giovane madre di 32 anni, giunta nei pressi di casera Malpasso venne colpita mortalmente da un cecchino austriaco.
L’attività della Portatrici s’interruppe nell’ottobre del 1917 quando, i difensori di questo fronte caldo dovettero ritirarsi lasciando le posizioni, che mai avevano perduto, perché aveva ceduto il fronte dell’Isonzo difeso dalla 2° Armata ed i soldati di Carnia dovettero ripiegare per non essere presi alle spalle. Con loro dovettero fuggire anche le Portatrici Carniche.
A noi escursionisti dagli zaini iper tecnologici e colorati che in montagna ci andiamo solo per svago non resta che sorridere invece di imprecare per il peso dello zaino! Magari pensando alle gerle stracariche delle Portatrici impareremo veramente a portarci sulle spalle solo ciò che serve veramente!