Ho ricevuto e, volentieri, pubblico questo articolo sul tema della Montagnaterapia scritto dal dott. Angelo Brega, che ho già ospitato sul mio blog con un’intervista sempre su questo interessante argomento. Buona lettura!
La montagnaterapia, secondo la definizione ormai “classica” di Scoppola et al. (2007), è “un originale approccio metodologico a carattere terapeutico-riabilitativo e/o socio-educativo, finalizzato alla prevenzione secondaria, alla cura e alla riabilitazione degli individui portatori di differenti problematiche, patologie o disabilità; esso è progettato per svolgersi, attraverso il lavoro sulle dinamiche di gruppo, nell’ambiente culturale, naturale e artificiale della montagna”.
Il termine “montagnaterapia” è stato sottoposto a diverse critiche, spesso giustificate (è noto che la stessa definizione di “terapia”, soprattutto in ambito psichiatrico, è tutt’altro che scontata): tuttavia riteniamo che il termine sia sufficientemente consolidato nell’uso da ritenersi definitivamente “sdoganato”, pertanto lo utilizzeremo senza ulteriori giustificazioni.
La pratica di attività che possono raggrupparsi sotto il nome di “montagnaterapia”, data ormai da diversi decenni, e non è facile risalire alle origini del movimento. Vi sono certamente state diverse iniziative pionieristiche, molte delle quali probabilmente mai pubblicizzate e dunque rimaste sconosciute anche agli addetti ai lavori. Si può comunque affermare che alla fine degli anni ’90 diverse esperienze fossero già sufficientemente consolidate; dal 2000 in poi sono iniziati incontri e convegni, in diverse realtà regionali, fino ad arrivare all’organizzazione di convegni nazionali, il primo dei quali si è svolto a Riva del Garda nel 2008.
Nel contesto dell’attuale organizzazione per “macrozone” sono state messe in rete numerose realtà, diffuse su tutto il territorio nazionale, che interessano ambiti eterogenei: dalla salute mentale alle dipendenze, alla disabilità fisica e psichica.
La letteratura scientifica sull’argomento è tuttora piuttosto giovane: tuttavia comincia ad essere disponibile un discreto corpus di lavori. Prevalentemente si tratta di comunicazioni a convegni; sono state comunque pubblicate diverse tesi di laurea sulla montagnaterapia (facoltà di Scienze dell’Educazione, Scienze Infermieristiche e Medicina) e anche alcuni articoli su riviste scientifiche.
Fra gli addetti ai lavori vi è ormai un ampio consenso sui benefici della montagnaterapia. Innanzitutto si possono menzionare benefici aspecifici legati all’esercizio aerobico, quali quello respiratorio, cardiovascolare, sul controllo del peso e della glicemia oltreché sul tono muscolare. Va poi ricordata l’evidenza scientifica, ormai consolidata, dell’effetto positivo dell’attività fisica sulla salute mentale (in particolare per quanto riguarda i benefici sul tono dell’umore). L’esperienza dimostra infine che l’attività di montagnaterapia è efficace nel promuovere uno stile di vita più sano, aiutando a contrastare abitudini nocive (tabagismo, alcolismo) e a promuovere un regime dietetico più salutare.
La montagna, inoltre, costituisce un terreno di gioco dove ognuno può conoscere e confrontarsi con i propri limiti, a qualunque livello: nell’ambito della montagnaterapia, grazie alla presenza di operatori ed esperti, questo può avvenire con maggiore sicurezza. Queste esperienze, adeguatamente rielaborate in un secondo tempo (per esempio attraverso incontri di gruppo terapeutico), possono portare a significativi progressi nell’autostima e nel senso di autoefficacia, e aiutare a sviluppare efficaci strategie di coping. Importante è infatti la qualità della relazione nel gruppo, con la necessità di confrontarsi con i compagni, con le loro diverse abilità, stimolando la cooperazione e il supporto reciproco e tenendo sotto controllo, pur senza stigmatizzarle, le dinamiche competitive. Un importante atout della montagnaterapia è infine legato alla possibilità di uscire dal contesto dei servizi di cura, permettendo di rompere la routine che spesso caratterizza la quotidianità dei pazienti: per scoprire, o riscoprire, ambienti naturali relativamente incontaminati.
La condivisione di esperienze nuove e diverse permette una ristrutturazione delle dinamiche di ruolo fra utenti e operatori, che può portare – se gli operatori sono in grado di mettersi in gioco in modo adeguato – a significative evoluzioni della relazione terapeutica. Non va poi trascurato il ruolo degli esperti, solitamente accompagnatori e volontari del Club alpino italiano che, in quanto estranei al contesto dei servizi, possono svolgere un’importante funzione di socializzazione e lotta allo stigma.
Si può senz’altro affermare che la montagnaterapia sia un’attività in grande crescita, sia in termini di conoscenze che di consenso. Ricordiamo l’importante esperienza di “Sentieri di libertà”, un convegno itinerante che si è tenuto nell’Ogliastra nel 2014 e si è ripetuto nel 2016, con la partecipazione di centinaia di utenti, operatori e volontari da tutta Italia e con l’attiva partecipazione delle comunità locali. L’esperienza dei gruppi sardi di montagnaterapia ha inoltre dato origine a un libro, intitolato “Non ci scusiamo per il disturbo”, e a un film, “Semus fortes”, la cui visione è senz’altro consigliata a chi sia interessato all’argomento.
Per approfondire le conoscenze sulla montagnaterapia, segnaliamo in conclusione il quinto convegno nazionale “lo sguardo oltre”, che si terrà a Pordenone dal 16 al 29 novembre 2016, il cui programma è consultabile sul sito www.sollevamenti.org. Chi desidera può anche visitare la pagina Facebook Montagnaterapiainrete, dove sono disponibili ulteriori informazioni sull’argomento.