Patrick Berhault e la sua traversata delle Alpi

Molti di voi conosceranno già il nome di Patrick Berhault. Alcuni forse no, magari perché sono giovani o perché hanno da poco iniziato con la montagna. Secondo me è uno dei personaggi dell’alpinismo di cui vale veramente la pena conoscere la storia.

Patrick Berhault è morto nel 2004 cadendo nel vuoto da una cresta nevosa di un quattromila svizzero, il Dom de Mischabel. E’ morto facendo quello che amava fare più di ogni altra cosa: vivere una vita avventurosa a stretto contatto con la natura forte delle sue amate montagne. Una vita fatta di scalate, di fatiche, e di momenti intensi vissuti da solo o con alcuni grandi amici con cui ha condiviso indimenticabili esperienze. Berhault è sempre stato un personaggio che  è riuscito a farmi sognare, non solo per le cose che ha fatto ma per come le ha fatte. Nonostante fosse un alpinista professionista, con sponsor e grande attenzione mediatica intorno, Patrick Berhault ha da sempre portato avanti un suo messaggio originale di grande genuinità e libertà. Le sue imprese non sono state solo prestazioni di altissimo livello ma dei veri e propri viaggi verso la conoscenza di se stesso e degli altri. Era uno di quelli a cui piaceva immergersi veramente dentro alla montagna senza tanti compromessi. Nei suoi obiettivi, sicuramente molto ambiziosi e sempre difficili, prevale non tanto la figura dell’eroe sportivo super vitaminizzato ma quella di un montanaro decisamente preparato e innamorato della natura, dei grandi spazi e della libertà.

La traversata delle Alpi di Patrick Berhault

patrick berhaultLa sua personalissima traversata delle Alpi, iniziata a fine agosto del 2000 in Slovenia e finita con un bel bagno in mare  in pieno inverno a Mentone, è un po’ la conferma di tutto ciò. Con questa traversata Patrick Berhault ha voluto unire in un viaggio simbolico le montagne più rappresentative dell’arco alpino, la gente di montagna e gli amici conosciuti in tanti anni di vagabondaggi alpini. Una traversata durissima dall’estremo est all’estremo ovest delle Alpi, compiuta a piedi, in bicicletta e con gli sci, fermandosi a scalare alcune tra le più repulsive e simboliche pareti come la Nord ovest della Civetta, la Sud della Marmolada, l’Eiger e le Grand Jorassess. Qualche dato: 167 giorni di traversata, 142.000 metri di dislivello in salita, di cui 22.00 in parete! Per questa impresa Patrick parla di grande cordèe perché sono molti gli amici che lo hanno supportato nella realizzazione di questo sogno. Alcuni di questi hanno scambiato con lui solo poche parole, a volte prodighe di consigli importanti altri, come gli amici di sempre Patrick Edlinger e Philippe Magnin, si sono legati alla sua corda in impegnative scalate, condividendo con lui paure, gioie e grandi emozioni di questa sua grande impresa. Molti giorni poi li ha passati da solo, a camminare o ad arrampicare lontano da tutto e da tutti, accompagnato solamente dai suoi pensieri e dalla sua incrollabile motivazione.

E’ stato bravo Patrick a continuare per la sua strada e a finire quella traversata realizzando così uno dei più grandi sogni della sua vita. Quando ormai era diventato inverno e le condizioni delle montagne erano sempre più proibitive, alcune persone gli chiedevano se fosse un pazzo a continuare con tutta quella neve. A queste persone lui rispondeva con questa frase che mi è rimasta impressa nella mente:

“Le vere difficoltà non sono gli ostacoli della vita, ma la nostra incapacità di vivere ciò che vorremmo vivere”

Il titolo di un suo libro “Legato ma libero, La traversata delle Alpi”, da me letto e riletto, è molto eloquente e rappresenta con poche parole questo suo personalissimo modo di vivere la montagna. Altro libro molto interessante, per chi volesse approfondire la conoscenza di questo personaggio e che ripercorre la vita di Patrick, è Berhault scritto dal suo amico di infanzia Michel Bricola.


Buona lettura