S.O.S., soccorso alpino!

Da ragazzi quasi tutti abbiamo fatto una cazzata. Una delle mie cazzate più grosse l’ho combinata a 14 anni e adesso che ci penso sono molto felice di essere qui a raccontarvela grazie alla fortuna e al Soccorso Alpino che con il suo intervento mi ha tolto da guai seri.

Quell’estate del 1986…

Era un afoso pomeriggio di luglio, quando io e Andrea, il mio compare di scorribande di allora, decidemmo di fare un giro in bici lungo una strada sterrata che ha inizio proprio sopra l’abitato di Dardago (PN). Ad un certo punto la nostra attenzione venne catturata dalla parete di roccia di una vecchia cava ormai da tempo in disuso.

Bastò scambiarsi uno sguardo per decidere di salire insieme quei 15 metri di parete appoggiata che si innalza poco distante dalla strada dove avevamo parcheggiato le nostre biciclette. Sicuramente un pò montati dalla famosa trasmissione Johnathan di Ambrogio Fogar, che spesso mostrava un giovane Patrick Edlinger che scalava scalzo e senza corda in Verdon, ci buttamo anche noi a piedi scalzi e slegati in quella nostra piccola avventura. Purtroppo i conti erano stati fatti male. La roccia non era proprio come quella del Verdon, e soprattutto noi non eravamo Edlinger!

soccorso alpino

la parete della mia disavventura

La dubbia compattezza della roccia e soprattutto la nostra inesperienza fecero emergere già dopo aver salito i primi metri di 2° e 3° grado alcuni grossi dubbi circa la bontà della decisione presa. Di colpo ci accorgemmo entrambe di esserci messi nei guai, e che era a rischio la nostra stessa sopravvivenza. Ricordo che io ero davanti e il mio amico poco più sotto, quando decisi di andare ancora un pò più in sù in avanscoperta. Continuai fino a quando raggiunsi una piccola nicchia sovrastata da uno strapiombetto di roccia rossa molto marcia. La mia intenzione era di superare quell’ultimo ostacolo per raggiungere il bosco sopra la parete e da lì trovare il modo per ridiscendere alle biciclette. Dopo un primo tentativo, quasi suicidiario, mi resi fortunatamente conto che non era proprio il caso di perseverare. Così decisi di riabbassarmi e tornare alla nicchia. Appena però mi sporsi fuori da quel piccolo buco nella parete per cominciare ad arrampicare in discesa, iniziai a tremare come una foglia e mi sentii sempre più confuso e sfiduciato.

Nel frattempo il mio amico più in basso era riuscito, non senza difficoltà a scendere il tratto di parete che lo separava dal suolo.

Provai e riprovai, ma niente da fare, non mi decidevo a scendere…. Ero solo un ragazzino, e per la prima volta nella mia vita ero di fronte ad una decisione importante: scendere a tutti i costi, rischiando oltremisura e togliermi così autonomamente dagli impicci oppure rimanere buono dentro la piccola nicchia con l’orgoglio a pezzi ad aspettare i soccorritori?

In piena tempesta interiore scegliere una cosa piuttosto che l’altra non fu per niente facile!

Passò circa un ora quando, molto saggiamente mi rassegnai, dovevo chiedere soccorso, non c’erano alternative.

Andrea chiama il Soccorso Alpino!

Fu così che Andrea prese la sua bicicletta per dirigersi a tutta velocità dal Del Tedesco Sport, un negozio di Aviano a quei tempi specializzato nella fornitura di materiale alpinistico. Andrea si presentò al titolare in calzini bianchi, le sue scarpe erano rimaste in parete. Se le tolse insieme a me su una piccola sporgenza all’inizio della scalata. Il titolare non ci pensò due volte e avvisò subito il Soccorso Alpino.

Io intanto ero ancora seduto seduto lassù a 15 metri da terra in quella scomoda nicchia con le gambe fuori nel vuoto ad aspettare i soccorsi. Ormai ero calmo, non mi muovevo più, non avevo più paura di niente nemmeno delle sgridate di mio padre.

Verso le 18.00, circa 2 ore dopo la partenza di Andrea, arrivarono gli uomini del Soccorso Alpino. Da sotto cercarono subito di rassicurarmi, anche se ormai non c’era più alcun bisogno, visto che già da un pò avevo deciso di non muovermi per nessun motivo. Rapidamente un uomo rosso di capelli si calò dall’alto, mi legò alla sua corda anch’essa di colore rosso e velocemente raggiunsi la base della parete della vecchia cava. Nel frattempo arrivò anche mio padre che mi fissò a lungo, ma non mi sgridò subito. La brutta avventura trovò la sua lieta fine, quando dopo la dovuta ramanzina, con mio padre e i miei soccorritori ci recammo al negozio di Del Tedesco Sport per un brindisi di fine avventura. Alzai anch’io il bicchiere trattenendo il respiro, con gli occhi che guardavano a terra, in un caos di sensazioni che mi facevano girare la testa.

Quella sera ci pensò un forte temporale a porre fine al caldo afoso di quel lontano pomeriggio d’estate del 1986.

Con l’occasione voglio esprimere il mio più sentito ringraziamento ai volontari del Soccorso Alpino, per per il loro altruismo  disinteressato e  per la loro professionalità. Un grazie anche ad Andrea naturalmente!