In principio fu la placca. E’ incontestabile che l’arrampicata sportiva sia nata all’insegna della placca e dei movimenti aleatori. Poi si è sviluppata negli anni a venire con lo strapiombo privilegiando sempre di più la componente fisica ed atletica. Come è successo per molti altri sport anche l’arrampicata ha preso la strada della forza e della potenza.
Oggi, rispetto ai primi sparuti e variopinti gruppi di arrampicatori che quasi trent’anni fa frequentavano le falesie “placcose” della prima ora, c’è molta più gente che scala. Molto spesso si tratta di persone atleticamente e fisicamente preparate che arrampicano forte nelle palestre indoor e sugli strapiombi ben appigliati. Ma sul verticale o sull’appoggiato su roccia naturale, quando appigli e appoggi scarseggiano, com’è la situazione? Interessano ancora le placche? Assai poco direi. Pochi sono quelli che vi si cimentano e ancora meno sono quelli che riescono a padroneggiare con disinvoltura questo stile di arrampicata un po’ demodè. Su questo terreno, oltre alla forza, entrano in gioco altre variabili come il sapersi muovere, avere “piedi sensibili” e giocare di equilibrio.
Ovunque si sente dire che in placca bisogna usare bene i piedi. Ok va bene, anche se si arrampica in strapiombo per quello! Il buon uso dei piedi è sempre importante ed è bene sfruttare la loro spinta su qualsiasi inclinazione piuttosto che trascinarseli dietro!
Tuttavia ho come l’impressione che alcuni climber pensino che l’uso dei piedi sia una qualità innata riservata a pochi e difficilmente acquisibile. Molto più facile è allenarsi a tenere di più. Ma se capita la placca giusta, non facilmente decifrabile, soprattutto se non è di plastica giù imprecazioni e maledizioni! Allora si dà la colpa al fatto che non ci si tiene abbastanza e si è fuori forma. E allora vai di Pan Gullich e allenamenti!
Che facciamo allora, evitiamo con cura l’arrampicata in placca o proviamo a capirci qualcosa?
Per capirci qualcosa forse dobbiamo fare un passo indietro e analizzare bene quale sia stato il nostro approccio con l’arrampicata.
E’ ormai sotto l’occhio di tutti il fatto che molte persone iniziano a praticare l’arrampicata sportiva dentro i palazzetti sulle strutture artificiali e poi solo in un secondo momento approdano alla roccia quella vera. Per quelli meno curiosi questo passaggio dalla plastica al naturale non succede proprio. Peccato, mi viene da dire, ma ognuno è giusto che faccia le proprie scelte.
Tramite questo tipico approccio alla scalata, consolidato nell’ultimo decennio, molti novizi iniziano subito a tirare di brutto le migliaia di appigli colorati di ogni forma e dimensione che riempiono le sale indoor. Qui le vie tracciate o i passaggi di blocco il più delle volte in strapiombo aiutano rapidamente a sviluppare forza e resistenza da vendere.
Ma che succede se questi escono ad arrampicare in qualche falesia naturale magari anche solo verticale o appoggiata dove gli appigli sono appena nascosti e dove bisogna anche sapersi muovere per salire in alto?
Quasi sempre si trovano male perché non trovano nulla su cui scaricare la loro forza. Molto spesso l’esperienza finisce in confusione totale e non si capisce come mai queste benedette vie di placca siano così dure anche se i gradi riportati nella guida fanno sorridere…
Arrampicare in placca: cosa fare per migliorare
Dicevamo prima del buon uso dei piedi e dell’ importanza che riveste in ogni stile di arrampicata. Se volete migliorare il vostro modo di arrampicare in placca non bisogna però concentrarsi troppo solo su quello altrimenti si rischia il blocco totale! Meglio concentrarsi su quali sensazioni percepiamo mentre scaliamo muovendoci sulla roccia spostando il peso da un arto all’altro. Bisogna staccare la mente dalla difficoltà e dal grado e cercare di captare le sensazioni belle e e brutte trasmesse al nostro cervello da ogni movimento che facciamo. Ovviamente dobbiamo far tesoro di quelle positive e capire quando si verificano e perchè. Per farlo bene occorre avere l’umiltà di provare vie ben al di sotto del nostro limite magari anche un po’ appoggiate. Vie dove le braccia servono solo per l’equilibrio. Solo così ci si potrà concentrare al meglio sul movimento e su come ci si sente ogniqualvolta supereremo un nuovo passaggio. L’obbiettivo in questo caso è quello di arrampicare facendo particolare attenzione a riportarsi velocemente in posizione di equilibrio dopo ogni movimento risparmiando al massimo fatiche e tensioni inutili.
L’ equilibrio è forse la dote che ci serve di più per stare attaccati in placca come una mosca. Quello che dobbiamo fare è la ricerca costante del miglior equilibrio in relazione alla grandezza e alla disposizione degli appigli e degli appoggi presenti lungo il tratto di roccia che stiamo scalando. Senza equilibrio i movimenti diventano poco precisi e la progressione diventa assai precaria e faticosa.
Anche dal punto di vista psicologico l’arrampicata in placca è un severo banco di prova per chi non è molto abituato. La precarietà e l’aleatorietà dei passaggi, unita alla possibilità di prendere fuoco come un cerino nel caso di caduta (nel caso di spit distanti), sono fattori che normalmente bloccano molte persone. Molto più facile è volare in strapiombo dove la roccia la vedi passare davanti velocemente senza nemmeno toccarla. In placca, soprattutto quando lo spit non è più all’altezza dell’ombelico, molti si bloccano anche quando le difficoltà sono ben al di sotto del proprio limite. Riprovando poi la via in top rope a molti succede quasi di non riconoscerla più.. Scherzi della placca!
5 regole d’oro per arrampicare in placca
- Prima di tutto sforzarsi di trovare sempre le migliori posizioni di equilibrio evitando di compensare con la forza dove non serve.
- Se la placca è appoggiata o appena verticale il corpo va tenuto leggermente staccato dalla parete in modo da riuscire a caricare al meglio i piedi su ogni appoggio ed avere una migliore visione di quello che ci aspetta.
- Evitare, se possiamo farne a meno, di allungarci troppo per prendere prese lontane soprattutto quando abbiamo i piedi ancora troppo bassi.
- Cercare di tenere bassi i talloni per non sforzare troppo ed inutilmente i muscoli del polpaccio.
- Utilizzare una buona scarpetta di arrampicata con un buon compromesso tra rigidità (per i piccoli appoggi) e sensibilità (per i passaggi in aderenza). La scelta della scarpetta sarà dettata anche dalla morfologia prevalente della falesia dove si arrampicherà es falesia di placca a buchi, a tacchette, a rigole, di aderenza ecc..
E per quanto riguarda l’allenamento per l’arrampicata in placca?
Non c’è ombra di dubbio che il miglior modo di allenarsi per la placca è fare placca. Con il tempo il nostro equilibrio sulla roccia migliorerà insieme al nostro repertorio gestuale. Riscoprire questo stile di arrampicata, oggi un po’ demodè, oltre a creare nuovi stimoli per il corpo e per la mente vi regalerà delle emozioni diverse magari mai provate prima. Dedicare un po’ di più spazio all’arrampicata in placca su roccia naturale non vuol dire assolutamente tornare indietro ma avere la possibilità di diventare arrampicatori più completi. Questo perchè arrampicare non vuol dire solo tirare prese. Per fortuna è molto di più.
Per voi cos’è l’arrampicata in placca? Vi piace o non vi piace arrampicare in placca su roccia naturale? Avete mai provato?
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