Una salita invernale a due passi da casa

E’ proprio vero che da un cassetto possono venire fuori tante cose, anche cose dimenticate come questo scritto di quasi vent’anni fa che oggi vi propongo. Si tratta del racconto, steso a caldo, di una salita invernale al Col Nudo 2471 mt (montagna più alta delle Prealpi Venete) per il suo versante più impervio, selvaggio e solitario, quello che guarda la Valcellina (PN) per intenderci.

Una bella avventura a due passi da casa vissuta insieme a Tiziano, il compagno di scorribande di quel tempo. Un vero e proprio sogno covato per ben due anni e realizzato, dopo un tentativo andato a vuoto, nel febbraio del 97. Ma ecco come è andata!

Febbraio 1997. Fa freddo, molto freddo. Ma un pensiero fisso mi perseguita da settimane e mi succhia le energie. Devo assolutamente andare, il Col Nudo 2470 mt mi aspetta! Non voglio salire però per gli ampi, soleggiati e facili pendii che guardano verso l’ Alpago, tanto apprezzati dagli scialpinisti , ma per il lato nord est della montagna quello più scorbutico, freddo e repulsivo.

Lì si sviluppa una lunga, faticosa e difficile via normale che scoraggia i più anche nella stagione estiva per la mancanza di appoggi logistici e per la lunghezza dell’ascesa. Sono infatti 2000 i metri di dislivello che separano la cima di questa possente montagna dal paese di Cellino adagiato, piccolo, piccolo all’ingresso dell’ombrosa Val Chialedina. Durante la stagione fredda questa valle impressiona non poco per la sua poca luce e per le sue spettrali e ripide pareti smaltate di neve e di ghiaccio. Tutto qui è fermo e pietrificato dal gelo.

Forte è la sensazione di profonda solitudine che si percepisce da queste parti; in inverno poi con la neve l’ isolamento viene amplificato ancora di più da un ambiente a dir poco severo.

salita invernale

Partenza dalla Val Chialedina. A destra illuminato dal sole Il Col Nudo

Per fortuna insieme a me c’è Tiziano compagno fidato di tante scalate dolomitiche. Senza telefonini, radio ecc… e qualsiasi altro contatto con l’esterno stiamo andando incontro a ciò che stavamo cercando: un’ avventura senza tanti compromessi dove sappiamo di dover contare solo su noi stessi. Due giorni lassù da soli, tanta neve da pestare, ripidi pendii con rocce coperte di ghiaccio, qualche passaggio delicato a cui stare ben attenti e due zaini da tredici chili da portare sulle spalle. Dentro ci sono corde, picozze, ramponi, tenda, fornelletto, viveri e ricambi vari.

Alpinisti più esperti di me mi hanno sempre detto che a fare un invernale non si va per divertirsi!

Pronti si parte! L’entusiasmo è alle stelle. Che sia la volta buona? Vogliamo rifarci del tentativo andato a vuoto solo un mese prima. Che bello quando finalmente i pensieri e i dubbi lasciano spazio all’azione!

Le prime due ore di cammino passano velocemente lungo una strada innevata che si inoltra per circa sette chilometri nella buia e freddisssima Val Chialedina. Man mano che procediamo abbiamo entrambi la sensazione di  aver tagliato i ponti con tutto. Ma non era forse quello che stavamo cercando?

Arrivati al piccolo ricovero della Gravuzza nemmeno ci fermiamo e saliamo a buon passo il grande ghiaione sconvolto da vecchie valanghe sotto la bianchissima parete nord del Teverone. L’ambiente si fa sempre più suggestivo e severo mentre il freddo si fa sentire fin dentro le narici ad ogni respiro. Tutto è immobile e solidificato come dentro ad un freezer! Sembra di essere in Himalya anche se non ci sono mai stato!

Stop per bere un po’ di tè caldo e calzare i ramponi. Adesso si fa sul serio! C’è da fare la parte più ripida e pericolosa della salita quella che, attraverso un ripidissimo pendio boscoso e poi per roccette ed erte balze erbose coperte di neve, porta al Passo di Valbona. Proprio lì sul pianoro appena sotto il passo abbiamo deciso che passeremo la notte. Questo è l’obiettivo per oggi!

salita invernale

Tiziano impegnato su un ripido pendio di neve e ghiaccio

Fuori dal bosco qualche passaggio delicato di 2° su rocce vetrate da un finissimo spessore di ghiaccio richiede attenzione e precisione. Nonostante il peso sulla schiena e la fatica che comincia a farsi sentire riusciamo anche a ridere e scherzare. Il morale è alle stelle anche perchè siamo sempre più vicino a quel raggio di sole che solo un’ora prima sembrava un miraggio tanto era lontano.

E’ pomeriggio fatto quando d’improvviso il sole ci accoglie nel bel mezzo di una svolta. Un bel sole, franco e diretto, di quelli che si fanno apprezzare specie quando si viene da ore e ore di ombra e gelo. Sappiamo che questo calore improvviso sarà di breve durata e così ci concediamo una sosta seduti sugli zaini.

Un ultimo sforzo è arriviamo al plateau sotto il passo di Valbona. Un posto fantastico di una bellezza primordiale. Non potevamo scegliere luogo migliore per mettere  la nostra tendina. Siamo solo noi direbbe il Vasco Nazionale! Sotto il pianoro la valle sprofonda con un salto di oltre 1000 metri. Certe cose non si possono dimenticare. Ti lasciano per sempre il segno.

salita invernale

Nei pressi del Passo Valbona nel tardo pomeriggio.

 

Dopo aver montato la tenda ed esserci rifocillati a dovere si comincia a battere i denti e non ci resta che infilarci dentro i sacco a pelo con tutti i vestiti che abbiamo a disposizione. La lunga notte sta per iniziare: -15° o -20° poco importa… domani è un altro giorno.

salita invernale

Preparazione del Te fuori dalla piccola tendina

 

Stanchi ci addormentiamo subito ma il sonno dura poco. La tenda è di quelle estive e poi anche i sacchi a pelo non sono proprio il top per dormire all’aperto a 2000 mt in inverno! Anche gli stuoini non isolano abbastanza! Forse siamo stati troppo superficiali come al solito. Morale della favola: tutta la notte svegli a sciogliere la neve con il fornelletto per il te e a battere i denti.

Le 4.00 le 5.00 le 6.00… e poi finalmente luce! Basta non ne possiamo proprio più di stare chiusi in questo freezer di tenda! Quattro biscotti un po’ di tè e poi via per gli ultimi 500 metri che mancano alla cima! L’idea è quella di salire il ripido pendio di Cima Laste direttamente dal passo di Valbona per poi continuare per esile cresta fino alla vetta del Col Nudo.

Dopo gli immancabili sbadigli iniziali, lasciamo la tenda così com’è con dentro tutto quello che non ci serve e puntiamo decisamente verso ovest. Che bello! Non sembra vero camminare con quasi 10 kg in meno sulle spalle! Al di là del passo troviamo neve dura e compatta perfetta per essere aggredita dai ramponi. Finalmente i nostri muscoli si scaldano e l’ascesa si fa sempre più avvincente.

E’ magnifico essere qui di mattino presto a godersi questo spettacolo! Vaffanculo anche il freddo patito questa notte! Mi sento vivo come non mai mentre salgo appaiato a Tiziano gli ultimi ripidi metri che mi separano da cima di Laste.

salita invernale

Lungo la cresta che conduce alla Cima del Col Nudo, Sullo sfondo Cima Laste appena salita

 

Ancora 200 metri di cresta dove bisogna fare attenzione alle grandi cornici aggettanti verso la Val Cellina e poi ci siamo: la salita al Col Nudo dal paese di Cellino in invernale entrerà a far parte dei nostri piccoli giorni grandi.

Poi la cima. Niente altro che neve, un sole leggermente velato, qualche refolo di vento e tante montagne attorno. Una pacca sulla spalla e un sorso di tè. Pochi e semplici gesti. Da una cima di una montagna si può solo scendere…

In cima al Col Nudo credo di esserci stato almeno una decina di volte: da solo, in compagnia, in estate e in inverno con gli sci.

Amo questa montagna perché ogni volta che la salgo mi fa sentire vivo! Quella che vi ho appena raccontato è la volta di cui serbo senz’altro il ricordo più bello e che non scorderò mai!