Era la primavera del 1992 o forse del 1993, poco importa, quando, una mattina decisamente sul presto, conobbi il grande Raffaele Carlesso, uno dei principali protagonisti dell’alpinismo dolomitico degli anni trenta.
Di quella mattina ricordo che quando arrivai alla fine del sentiero che porta alla larga cengia sotto il Crep di San Tomè a Dardago, vidi uno strano tipo con un capellino in testa e con il martello a penzoloni che, da solo, saliva e scendeva un breve tratto di roccia a poca distanza da terra. Lo salutai e mi misi ad armeggiare con le mie cose. Qualche minuto dopo quel tipo, avendo notato che avevo con me corda e moschettoni, mi chiese se avessi voglia di salire per la Fessura (6b), perché voleva provare la via con la corda dall’alto. Guardandolo bene in faccia e vedendolo non proprio giovane rimasi quasi stupito per la proposta. A quel punto ci presentammo e quando mi disse che si chiamava Raffaele io aggiunsi “Carlesso, vero?” Lui rispose di si e a quel punto mi dovetti tirare un pizzicotto per rendermi conto che non stavo sognando.
Invece era proprio lui Raffaele Carlesso!
Non riuscivo proprio a credere che quel giorno avrei avuto il privilegio di arrampicare insieme al grande maestro,
Le due vie aperte in Civetta che portano la sua firma, quelle cioè sulla Torre Trieste e sulla Torre Valgrande, sono state e continuano ad essere due riferimenti importanti per generazioni di alpinisti ed esempi di grande ardimento e capacità di quell’uomo che, molti anni fa, ha avuto il coraggio per primo di affrontare, tra l’altro con un’attrezzatura rudimentale, pareti che sembravano impossibili da salire.
Ricordo che, quella mattina, il tratto iniziale della Fessura era vistosamente bagnato, dal basso alzavo continuamente il capo ispezionando nervosamente la via per valutarne la fattibilità. Ad un tratto Carlesso mi disse “Vai giovane, che in montagna la roccia non è sempre asciutta!”. A quel punto non potevo fare brutta figura proprio davanti al “Leone di Pordenone”. Partii deciso e feci la via senza esitazioni.
Recuperata la corda sarebbe toccato al mio illustre compagno salire per la Fessura. Carlesso allora si avvicinò alla roccia con aristocratica lentezza, prese la caramella che aveva in bocca e la pose su un piccolo appiglio ad un metro da terra. Si girò verso di me e mi disse: “Giovane io vado”. Veder arrampicare quel vecchietto ultraottantenne per me, alle prime armi, fu qualcosa di incredibile, non solo per l’età ma per come saliva quel tratto di parete. Non stava mai fermo: le mani si spostavano velocemente alla ricerca di ogni rugosità offerta dalla parete mentre i piedi si spostavano da un appoggio ad un altro con dei piccoli saltelli. Ad ogni saltello il martello che penzolava dall’imbrago oscillava senza mai fermarsi sbattendo contro la roccia a più riprese. Il famoso alpinista progrediva con una precisione e un dinamismo da lasciare a bocca aperta. Assai velocemente il “Leone di Pordenone”, fregandosene del bagnato, divorò quella via. Quando, dopo che lo ebbi calato, toccò finalmente terra Carlesso si ricordò per prima cosa della caramella. Ancora legato, alzò la mano verso quella piccola sporgenza, dove l’aveva lasciata qualche minuto prima di partire per la fessura e, come se nulla fosse, se la riprese e se la rimise in bocca con una naturalezza e una semplicità che mi incantarono.
Raffaele Carlesso ci ha lasciato da più di 13 anni ma a volte mi capita ancora di ripensare a quel lontano giorno in cui lo conobbi a Dardago sotto il Crep di San Tomè, quando, ultraottantenne e pieno di vita, arrampicava ancora come un felino sprigionando un’energia da far invidia a persone molto più giovani. Ma il ricordo più vivo che mi è rimasto di lui è indissolubilmente legato a quel suo gesto della caramella, lasciata e ripresa con estrema naturalezza da una piccola sporgenza di roccia.
Quella fu la prima volta che arrampicai con Carlesso a Dardago ma, fortunatamente, non fu l’ultima.
Alla prossima storia, allora…..
Foto di copertina: Carlesso si prepara per arrampicare nella palestra di roccia di Dardago in una vecchia foto degli anni 60. La foto contenuta nel testo ritrae Carlesso ormai ultraottantenne nel medesimo sito nei primi anni 90. Entrambe le foto mi sono state gentilmente concesse da Roberto Bianchini
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